ONCOLOGIA RELAZIONALE

Quando si parla di cancro si rinuncia ancora e spesso, anche se per fortuna meno spesso, ancor prima di cominciare.
Gli studi effettuati negli ultimi anni hanno dimostrato quanto questo si abbatta letteralmente sul paziente annichilendo ogni suo libero accesso alle proprie risorse interiori, in quanto il terrore provato dalla mente conscia, che registra questi messaggi come lucidamente ineluttabili, soffoca le capacità creative della mente inconscia.
E purtroppo sono molti i pazienti che muoiono di paura ancor prima che per la malattia, confermando drammaticamente statistiche e prognosi.

Gli studi partiti dagli anni Ottanta hanno portato alla nascita di una nuova area di lavoro che si occupa della dimensione psicologica del paziente neoplastico.

Anche se i testi di oncologia hanno sempre parlato del lavoro dei Simonton come di un metodo non scientificamente provato, l’American Cancer Society ne raccomandava l’uso come terapia aggiuntiva.

La stessa nel 1980, e credo che da allora alcune idee abbiano cominciato a radicare, durante una conferenza prendeva in esame gli aspetti psicosociali della malattia e sancì la necessità di un’integrazione tra scienze psicologiche e oncologiche nella lotta al cancro.
Nacque così una nuova area di lavoro la psico-oncologia che occupandosi della dimensione psicologica del paziente neoplastico, ha sicuramente dimostrato soprattutto attraverso l’uso dell’ipnosi e dell’autoipnosi , un netto miglioramento della qualità di vita del paziente nel momento in cui si interviene con strategie di attivazione e sostegno della mente.

Proprio per queste caratteristiche in ambito medico e sociale l’essere malato di cancro comporta un annullamento dell’identità globale della persona.

Gli sforzi di medici e paramedici sono tesi a tentare di distruggere l’elemento cancro senza tenere più in conto i sogni, le aspettative, i desideri della persona ammalata di cancro.
Tale è il potere altamente ipnotico nel quale rimane inglobata la mente conscia del paziente , persa in uno stato confusionale dove l’unico messaggio non verbale che riesce a registrare nel contesto che lo circonda è quello di essere sicuramente destinato ad una morte atroce.